Certamente nel mondo reale i primi sono estinti e la seconda non è mai esistita.
Nelle libere professioni, così come nelle fiabe, i dinosauri imperversano e la chimera è inseguita senza sosta.
La riforma della professione forense ne è conferma. In generale la riforma delle professioni è' argomento di grande attualità in questi giorni, anzi lo è oramai da anni, ma in questi giorni tocca gli avvocati. (E il parlarne è un buon modo per farsi nemici).
Il mondo dei professionisti si divide in corporativisti e liberisti, più per tradizione che per approfondita comprensione dell'oggi (del domani manco a parlarne....)
Il corporativismo è la visione miope del problema, quella che mette a fuoco solo le cose molto vicine, lo status acquisito, la necessità di conservazione dello stesso per norma più che per merito.
Il liberismo è invece la visione idilliaca, di ampio respiro, migliore solo se già esistesse, perchè traghettare dallo status quo all'obbiettivo ci porta in acque sconosciute. E ci incute terrore.
Come in altri casi, i temi di discussione restano sempre l'inderogabilità delle tariffe, la competenza esclusiva, i modelli organizzativi societari e la pubblicità.
Forse una intesa andrebbe trovata su questi punti:
- inutile pretendere esclusive e poi concedere alla associazioni di operare: l'esperienza dei patronati e dei Caf (i famosi regali offerti ai sindacati) hanno dimostrato, nelle professioni amministrative, che per i giovani professionisti il mercato di base, quello in cui si può iniziare ad operare, è sparito;
- occorre stimolare la specializzazione degli iscritti, anche con l'ausilio della formazione continua (che spesso è invece mera informazione....) e senza arroccamenti sull'anzianità "di servizio";
- la funzione dicotomica delgi ordini professionali non regge più: o tutela i cittadini riguardo le prestazioni professionali oppure tutela gli iscritti nell'esercizio della propria attività.
Sembra che un'altra occasione per uscire dal mondo della favole sia andata perduta......